Nudità,non un tabù
- ilbugiardinodellarte
- 14 gen 2021
- Tempo di lettura: 4 min
L'ORIGINE DU MONDE -GUSTAVE COURBET 1866, MUSEE D'ORSAY
4 min di lettura

L’ORIGINE del mondo è una tela di uno straordinario artista del XIX secolo: Gustave COURBET. Straordinario perché con e dopo di lui, cambierà per sempre la percezione dell'arte erotica e soprattutto, questa ,a differenza di molte altre dello stesso genere, non è mai stata dimenticata. Il soggetto rappresentato è una giovane fanciulla di cui vediamo il corpo a partire dal seno fino al punto focale dell'opera: la vulva. L'idea era quella di sconvolgere, attirare, ma soprattutto mostrare con estremo realismo la verità delle cose. Realismo è sicuramente una delle parole chiave per comprendere l'opera: realismo d'immagine ma anche realismo di fatto, nel senso che l'intenzione di Courbet era mostrare chiaramente da dove tutte le cose avessero origine. L'obiettivo non era quello di apportare alcuna censura in quanto l'unico elemento che nasconde le parti più delicate sono i folti peli pubici della modella. La posa è naturale ed intima, proprio nel rispetto del realismo di cui Courbet si fa portavoce: sembra infatti che la donna sia stata colta in un momento privato, senza l’intento di rendere la scena accettabile. Il committente originario era il diplomatico turco Khalil- Bey ed oggi è conservato al Musée d'Orsay a Parigi. Nonostante il soggetto e il realismo con il quale lo rappresenta siano estremamente crudi, la figura risulta delicata raccontando molto sul suo creatore, che, nel 1853 si autodefinisce “l'uomo più orgoglioso ed arrogante di tutta la Francia” , affermando che tutta la generazione di giovani aveva gli occhi puntati su di lui . La sua alterigia sembrava molto naturale, ma probabilmente era in gran parte una”dedica a fini commerciali” . Courbet è il classico esempio di “self made man”: l'uomo che dalla provincia si sposta alla capitale per farsi un nome e dare adito alla sua immagine. Così fece quando, nel 1819 si trasferì a Parigi e iniziò a recitare la parte del giovane turbolento, un "maudit”. Questo dipinto ha fatto scandalo nell'800 cosa che potrebbe risultare strana, in quanto di donne nude se ne rappresentavano eccome: basta pensare alla rappresentazione della Venere , spesso viene ritratta nuda o agli stessi “nudi accademici” che riempivano i musei e gli atelier degli artisti. C'erano però dei limiti: il soggetto mitologico o l'impostazione classica. Quando una di queste due cose mancava, allora si gridava allo scandalo, e sembrava estremamente semplice definire i soggetti in questione come delle prostitute, o magari la colpa ricadeva sul pittore “scellerato” che “non sapeva fare il suo lavoro”. Appare quindi evidente che la “moralità”, ossia l'accettabilità in relazione a principi di ordine morale, sia un concetto suscettibile e per questo motivo l'arte , così come la vita, si prestano a giudizi spesso confusi. La nudità è una, e nonostante questo, è stata da sempre tollerata diversamente. Il valore ad esso attribuito è frutto di (massimi) sistemi culturali, la rappresentazione dell'uomo nudo, che da sempre vuole analizzare l'attrazione verso sé stesso, risale al paleolitico con i suoi primi tentativi di scultura che raffiguravano generi prominenti, simbolo di fertilità e buon auspicio. Nel mondo greco invece, l’indagine artistica del corpo nudo diviene oggetto di studio ed sarà Polidoro che fornirà i canoni per quello che sarà definito “il nudo virile”. La nudità in Grecia non si limitava solo alla statuaria; i ginnasti infatti gareggiavano nudi. Non a caso il termine “ginnastica” deriva dal greco “gymnazein” che significa “allenare il fisico” , ma nella sua accezione primaria significa “essere nudi”. La nudità era quindi vista sotto un'ottica positiva, liberatoria e relativa alla gloria. Giungiamo ora al medioevo, dove la nudità assume accezione opposta a cause delle dottrine emanate dal cristianesimo: il corpo era lo scrigno dell'anima e non aveva valenza estetica, non poteva e non doveva essere profanato, in fondo era grazie a questo corpo che si poteva creare un contatto con il divino e qualsiasi sua esaltazione era considerata un peccato. Durante il Rinascimento si fa qualche passo indietro e la nudità diviene oggetto di studio in termini classici di ricerca di bellezza e proporzione, ma soprattutto, il nudo virile sottolinea la forza e il coraggio spirituale. Però, nel 1545, con il concilio di Trento, questa libertà viene condannata e i nudi forzati ad essere rivestiti, come accadde per “il giudizio universale” di Michelangelo. Fino al '600 il clero cercherà di controllare la produzione della immagini, ma in quell'anno il genere “nudo” si svilupperà come elemento di divisione tra sacro e profano. Nel Rococò gli artisti sentirono la necessità di liberare questo genere da falsi dogmi e ripresero il concetto di Winkelmann secondo il quale attraverso la nudità era possibile rappresentare la bellezza partendo dall'uomo stesso. Durante il Settecento e l'Ottocento, a queste teorie se ne aggiunge una altrettanto interessante che riguarda il piacere fisico la sensualità, soprattutto in Francia grazie alle modelle di Renoir e Courbet. Né la religione né i padri avrebbero potuto fermare l'esaltazione delle forme nude. È a partire da quegli anni che inizia il processo che ci conduce ai giorni d'oggi, dove la visione del nudo è emancipata. Nella moda, nell'arte e nel cinema il corpo è un potente mezzo di comunicazione attraverso il quale si diramano ideali di bellezza a volte poco realistici e fuorvianti. Ma è importante capire che nudo non è solo pubblicità o mera sessualità ma è anche arte ed indagine di sé. Noi nasciamo scoperti, il nostro corpo non è oggetto di vendetta né di piacere o scandalo: è viaggio e scoperta, bellezza e imperfezione, interesse verso il nuovo. Cecilia Borrelli
Rosamaria Annunziata
Comentarios