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STREET ART: da atto vandalico a forma d'arte

  • ilbugiardinodellarte
  • 14 gen 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

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ntornati lettori ne “il bugiardino dell’arte”. Oggi parleremo di Street Art!

Cercheremo di tracciarne le linee guida, di capire quando e dove sia nata e perché è presente nelle strade di tutto il mondo.

La Street Art è un’arte molto recente, comparsa la prima volta durante gli anni ’70 del Novecento tra le periferie di New York e che solo agli inizi del 2000 ha vissuto un forte impulso e un’ampia diffusione a livello globale. Si manifesta esclusivamente in luoghi pubblici e per lo più non è provvista di autorizzazione, motivo per cui spesso è stata associata al vandalismo, ad una volontà, soprattutto giovanile, di imbrattare e rovinare gli arredi urbani. Le tecniche artistiche maggiormente utilizzate sono bombolette spray, stencil, colori acrilici, e muri, pareti e marciapiedi diventano il cavalletto preferito di questi artisti di strada.

Ma allora perché un fenomeno inizialmente associato ad un atto di vandalismo è adesso riconosciuto come vera e propria forma d’arte? La Street Art nasce sicuramente da un atto di ribellione da parte di giovani socialmente esclusi, che attraverso l’arte desideravano gridare al mondo il loro talento e la loro condizione di marginalità dettata da un sistema politico-economico esclusivo e capitalista. Questo era il loro modo di protestare contro la proprietà privata, contro l’esclusione sociale e contro un sistema di potere che non li rappresentava. Con la successiva diffusione mondiale di questa pratica artistica, in particolare grazie ad un artista e writer inglese, Banksy e ai suoi stencil diventati il simbolo dell’arte di strada, si è cominciato a riconoscere il valore artistico di queste opere.

Molti libri sono stati scritti sull’argomento, numerose campagne pubblicitarie sono state influenzate da quest’arte, svariate aziende di marketing hanno investito in essa che con questo ampio impiego è diventata in breve tempo espressione caratteristica della cultura metropolitana e anche un vero e proprio fenomeno mediatico. Questo percorso di “crescita” della Street Art ha fatto sì che sempre una più ampia fetta di pubblico venisse a conoscenza di questa forma d’arte che è diventata automaticamente parte di un fenomeno socio-culturale che ha visto molte città aprirsi spontaneamente ad essa affidandole un duplice ruolo: quello di inclusione sociale strettamente legato al territorio e alla comunità, e un ruolo mediatico che punta alla crescita territoriale in termini di turismo e di crescita economica. Così dalla concezione secondo cui l’arte di strada fosse un atto vandalico che deturpava l’arredo urbano, si è passati alla percezione di questa arte proprio come parte di esso, come ad esempio nella città di Diamante, in Calabria, conosciuta anche come la “città dei murales”.

Tutte le forme di arte sono da apprezzare, perché celano sempre, qualsiasi sia il supporto e le scelte artistiche dell’artista, un significato portante, una filosofia e in qualche modo regalano al mondo un punto di vista e una nuova prospettiva. La Street Art più di altre forme d’arte è portatrice di significati profondi in quanto espressione libera e senza filtro di emozioni e tematiche più disparate. Talvolta, per alcuni artisti, è come scrivere un diario: ricco di contenuti personali, espressi senza filtri ne censure perché non sono pagine scritte per qualcuno ma solo per loro stessi.

Spesso gli artisti non hanno un nome, altre volte lo hanno ed è anche molto conosciuto, come nel caso del famosissimo Banksy, la cui vera identità rimane ancora avvolta nel mistero, ma le cui opere sono ampiamente conosciute e riconosciute da tutto il mondo. È famoso per essere un attivista. La Street Art di Banksy è di natura satirica e sovversiva. Le sue opere combinano un umorismo oscuro con graffiti eseguiti con la tecnica dello stencil, i suoi murales di critica politica e sociale sono apparsi su strade, mura e ponti di città in tutto il mondo. Il suo lavoro è nato nella scena underground di Bristol, che ha visto collaborare artisti e musicisti, e lo stesso Banksy afferma di essersi ispirato a 3D, un artista di graffiti che in seguito divenne membro fondatore del gruppo musicale inglese Massive Attack. Il movimento artistico a cui si riferisce il writer è la Guerrilla Art riconducibile certamente alla Street Art e consistente nella pratica secondo cui gli artisti lasciano le loro tracce attraverso le loro opere sparse per le città o per i musei, mantenendo però l’anonimato. Numerose sono le tematiche che affronta con le sue opere e per lo più sono di carattere socio-culturale e politico, tra le quali: le assurdità della società occidentale, la manipolazione mediatica, l'omologazione, le atrocità della guerra, l'inquinamento, lo sfruttamento minorile, la brutalità della repressione poliziesca e il maltrattamento degli animali. Per veicolare questo messaggio viene fatto ricorso a un'ampia gamma di soggetti, quali scimmie, topi (celebri ormai i suoi rats), poliziotti, bambini, gatti, ma anche membri della famiglia reale, quale fondamento del Regno Unito ma anche simbolo prediletto per esprimere le contraddizioni della società inglese.

Manipolando abilmente i codici comunicativi della cultura di massa, Banksy traspone questi temi atroci in opere piacevoli e brillanti, in grado di sensibilizzare i destinatari sulle problematiche proposte e di trasformare il tessuto urbanistico delle città occidentali in luogo di riflessione. In tal senso, gli stencil di Banksy sono permeati di un'estetica diretta e intelligibile «come quella di un manifesto pubblicitario» che li sottrae alla marginalità e li restituisce alla fruizione di chiunque, leggibili anche dai bambini.

Banksy non vende le fotografie delle sue opere, o le riproduzioni degli stessi graffiti, questo a testimonianza del fatto che la Street Art non ha come fine ultimo quello di essere venduta e dunque per l’artista non è neanche necessario renderla godibile attraverso standard canonici perché nessuno scopo economico vi è alle spalle.

Come dicevamo prima, la street art non ha solo un valore decorativo, ma spesso è un’arte sociale indirizzata alla critica di alcuni sistemi, scelte politiche o situazioni generali che toccano la collettività e il cui messaggio vuole essere espresso lontano dai centri di diffusione culturale standardizzati, come musei e gallerie, per esercitare la loro potenza simbolica ed estetica laddove il problema sorge: nelle strade, nei vicoli, nelle piazze, ecc.


Tra gli artisti più incisivi della Street Art, non possiamo non citare BLU artista italiano che racconta con le sue opere un mondo manipolato, mostra personaggi senza vita, temi attuali, come nel caso dell’ultimo murales realizzato a Campobasso intitolato “La Pandemia”. Mostra uno scenario catastrofico, una città in rovina e dei panda che la distruggono, ne mangiano dei pezzi di intonaco di palazzi, tirano giù le costruzioni, scoperchiano le case, ma qual è il significato che vuole esprimere l’artista attraverso questa rappresentazione allegorica? In questo caso i panda giganti rappresentano il virus e la città, i palazzi, rappresentano la popolazione completamente assalita, “divorata” dal Covid-19. È un’opera di grande impatto, in cui quello che viene distrutto, quello che cade giù non è il singolo essere umano ma le impalcature sociali da esso costruite, e che vengono ora rivelate. È una critica al sistema fondante sul quale si erge la società odierna che in questa situazione di emergenza ha rivelato tutta la sua fragilità e ambiguità.

Questo è il classico esempio di una Street Art per il sociale, rientrando anche nel programma del festival “Draw the line” organizzato dall’associazione Malatesta, realtà molisana che si occupa della promozione della cultura e dell’arte di strada, con l’obiettivo di riqualificare periferie e aree dimenticate della città.


Rosamaria Annunziata

Cecilia Borrelli

 
 
 

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